YOGA E LIBERTÀ

Lo Yoga, così come descritto nel testo basilare di questa disciplina – gli Yoga-Sūtra di Patañjali (compilati intorno al IV°- II° sec. a.C.) – può essere considerato un eccellente strumento per liberare l’uomo da quelle afflizioni che offuscano la sua mente e ostacolano l’espansione della sua coscienza. Questa antica sapienza tende ad escludere una comprensione intellettuale della vera natura della libertà, mentre si adopera di proporre un modello adatto a conseguirla. Un certo carattere ereditato, un’educazione confusa, abitudini sbagliate, sono le cause principali per cui nel tempo si consolidano quegli errori che ci possono portare nel vicolo cieco dello smarrimento esistenziale, lontani dalla grande e luminosa via della libertà.

 Per aiutare il ricercatore smarrito, lo Yoga pone una sola condizione iniziale: che questi sia davvero motivato e disponibile a sottoporsi a una disciplina, seguendo le indicazioni di un insegnante che lo aiuti di volta in volta ad accettare i propri limiti e ad affrontare, con fiducia e coraggio, i diversi ostacoli che incontrerà lungo il percorso. Solo in colui che praticherà con costanza e progressivo distacco, gradualmente riemergerà la voce di quella libertà nascosta dentro di sé, la voce della sua più autentica natura, una coscienza sepolta sotto molti strati di impurità accumulate prima e durante il cammino mondano. Qui è bene sottolineare come la motivazione iniziale dell’allievo sia un fattore davvero determinante per una riuscita futura. Oggi, purtroppo, ci si avvicina allo Yoga soprattutto per superare dei problemi fisici, o come spesso accade in Occidente, solo per mantenersi in buona forma atletica. Si dimentica che l’obiettivo principale di questa preziosa disciplina è la purificazione della mente, quindi l’emancipazione dall’assillo dei sensi, dall’oppressione di pensieri e desideri ossessivi, dai blocchi causati da paure ataviche. Secondo Patañjali, alla base di tutta la sofferenza umana c’è una perdita congenita di conoscenza. Questa non conoscenza – in sanscrito: Avidyā – è già dall’etimologia della parola una mancata visione. L’uomo comune soffre, in quanto non ‘vede’ la propria sapienza spirituale – che è luce di libertà interiore – e tenta invano di compensare tale mancanza possedendo e identificandosi con tutto ciò che lo circonda, fino a che, aggredito da dubbi sempre più grandi, non cade preda della sofferenza e della malattia. Comunque, pure se non lo vede, l’uomo vive già dalla nascita nel campo della propria libertà. Certo, un campo duro da dissodare, ma dove adoperando con perizia lo strumento del libero arbitrio e dell’intelletto, egli può coltivare e realizzare il frutto della propria libertà. Attraverso uno sforzo iniziale, animato da una sana aspirazione alla salute e alla salvezza, avvalendosi dello strumento di una pratica regolare, il praticante accrescerà gradualmente il proprio discernimento, e quest’ultimo lo arricchirà di una sempre maggiore e gioiosa consapevolezza. Secondo lo Yoga, libertà è consapevolezza raggiunta, piena conoscenza della nostra vera essenza profonda. Patañjali, considerando le diverse caratteristiche dei praticanti, al fine di proseguire il cammino verso la liberazione, propone differenti strategie per arrivare a ri-conoscere questa nostra intima essenza. In generale, una pratica yoga ininterrotta e regolare, mentre purifica tutto il sistema psicofisico, accresce anche il discernimento (viveka); quest’ultimo, a sua volta, favorisce quel sano distacco dai desideri che provocano pensieri ed emozioni sbagliate, dando ulteriori stimoli all’approfondimento della pratica stessa, innescando un autentico circolo virtuoso che culmina nel ritrovamento della propria luminosa e salvifica libertà da parte del praticante. Se si considera la nostra libertà come un riflesso della pura coscienza che ci abita, risulta chiaro che solo uno spazio interiore pieno di calma e silenzio consente alla nostra più pura essenza di manifestarsi sotto forma di quella luce che emana libertà. Lo Yoga si avvale dello strumento prezioso della meditazione proprio per sviluppare quel seme di libertà che siamo e che ci appartiene dalla nascita. All’inizio non è facile, poiché il principiante, benché volenteroso, abituato com’è alla distrazione, con la mente spesso rivolta alle molteplici e allettanti attrattive dei sensi, non può riconoscere quella beata libertà che giace nel solco profondo della propria esistenza. Comunque, se egli persevera e si adopera con fiducia e pazienza attraverso una pratica combinata di posture (āsana) tecniche respiratorie (prāāyāma) e meditazione (dhyāna), prima o poi vedrà svilupparsi e maturare tale libertà di cui parlano i grandi maestri di yoga.  Patañjali, ad esempio, afferma che per liberarci da ciò che ci induce alle tentazioni e agli abituali errori di ogni giorno, è bene cominciare a purificare il sistema corpo-mente lavorando con l’espirazione, ovvero espellendo tutte le ‘scorie’ accumulate. Dobbiamo eliminare quelle cose che hanno avuto il loro tempo, curarci di ripulire costantemente lo spazio al nostro interno. Perciò, per espirazione, s’intende in senso lato, anche l’eliminazione mentale di quegli errori, quei fatti passati, quegli atteggiamenti che dobbiamo lasciare andare perché ci riempiono il presente di sofferenze evitabili, restringendo lo spazio a disposizione per la nostra gioia interiore. Quello che ci opprime, ci accorcia e spezza il respiro, non solo ci è inutile, ma perdurando dentro di noi cresce e s’indurisce fino a danneggiare e bloccare l’intero sistema psicofisico. Bisogna cominciare a liberarsi delle cattive abitudini, dei tanti gesti che facciamo per reazione, delle tante parole che usiamo in modo sbagliato, ma che ugualmente rientrano nel campo delle nostre azioni con effetti anche più devastanti dei gesti; infatti, usiamo le parole non solo per comunicare ‘a cuore aperto’, ma soprattutto per alludere, sottolineare, per difenderci o per attaccare e ferire qualcun altro deliberatamente. Lo Yoga ci avverte che certi atteggiamenti non fanno che aumentare le tensioni a livello psico-fisico, causando ripetute anomalie del respiro che squilibrano il piano energetico, fino a concretarsi in malattie.

 Patañjali aggiunge che per intravedere almeno un barlume di quella beata libertà che regna dentro di noi, è necessario che la mente sia limpida, pura come un cristallo. Ma se questo è uno scopo fondamentale dello Yoga, come si fa ad ottenere una mente cristallina, umile e gentile servitrice della nostra essenza spirituale? Bisogna perseverare nella pratica e nella ricerca, per spodestare e domare anzitutto quella parte dispotica del mentale che cede alla spinta dei sensi, suoi fedeli alleati, e agisce al solo fine di appagarli. È una parte di noi che vuole dominare, vuole possedere sempre più cose da mettere a disposizione del suo padrone, un ego che prende la forma di tutto quello che possiede al solo fine di godere di tutto, in un circolo vizioso che alla fine non può che produrre un senso di perenne insoddisfazione, di fasulla e triste onnipotenza, di continua noia e abbattimento per il timore di perdere ciò che si è accumulato.

 Potremmo concludere affermando che il nostro stesso respiro, usato secondo i saggi e sperimentati metodi dello Yoga, è la vera chiave di volta per il controllo mentale, capace quindi di aprire all’uomo le porte della sua autentica e perduta libertà. Va comunque ricordato che se è vero che ‘il respiro è la corda che lega l’anima al corpo’ – come affermano i saggi yogi – certe pratiche ‘estreme’, anziché liberare il praticante-ricercatore, nel tempo potrebbero finire per legare ancora di più la sua anima al mondano. Anche per questa ragione, sulla via dello Yoga è assolutamente necessaria la guida di un insegnante serio ed esperto.