La contentezza negli Yoga-sūtra di Patañjali

Santosha – la contentezza – è la seconda delle cinque osservanze proposte da Patañjali e alle quali deve attenersi lo yogin che intende progredire nell’ashtanga-yoga, uno Yoga che sviluppa la sue otto membra come le branche di un grande albero rigoglioso.

संतोषादनुत्तमसुखलाभः॥४२॥
II.42 saṃtoṣāt-anuttamaḥ-sukhalābhaḥ
Dalla contentezza (scaturisce) la felicità suprema.

Ecco l’aforisma centrale di tutta la nostra ricerca. Patañjali afferma e ci fa chiaramente intuire che dalla contentezza è possibile raggiungere uno stato ancora più elevato, supremo, di felicità. Uno stato dove la mente rimane nella propria purezza, senza più ostacoli, identica qualitativamente alla propria sorgente spirituale.

Ma da dove si parte?

हेयं दुःखमनागतम्॥१६॥
II.16 heyaṁ-duḥkhamanāgatam
Evitabile la sofferenza non venuta.

È possibile evitare di restare avvinti alla sofferenza che ci rende scontenti?
Patañjali afferma che impegnandoci seriamente sotto la guida di un maestro competente, è possibile, con delle tecniche appropriate, raggiungere uno stato di Yoga, cioè di grande appagamento e felicità, grazie al momentaneo arresto della coltre dei pensieri e delle emozioni persistenti che costituiscono il mentale.
Il tipo di contentezza di cui ci parla Patañjali non è raggiungibile pienamente quando c’è qualche desiderio che ci distrae dall’interno, poiché desideri e avversioni consumano le nostre migliori energie sulla via della realizzazione.
Quando ci si perde nei pensieri si perde la presenza della vita. Quando ci si lascia dominare dalla preoccupazione, dalla frustrazione, dall’ansia, dall’ira o dall’invidia, si perde il contatto con le meraviglie dell’esistenza che procurano contentezza.

योगश्चित्तवृत्तिनिरोधः॥२॥
I.2 yogaḥ-cittavṛttinirodhaḥ
Yoga (è) l’arresto delle attività mentali.

Lo yogin opera su se stesso un processo di purificazione progressivo, a diversi livelli, a partire da quello fisico, fino a quello mentale, passando per quello energetico, aspirando a una conoscenza salvifica (prajña) basata proprio sull’esperienza di una pratica continuativa e su un relativo, graduale abbandono dei vecchi modi di pensare e agire. Prajña ci dà un’intuizione profonda della realtà e la gioia di un’accresciuta consapevolezza.

अभ्यासवैराग्याभ्यां तन्निरोधः॥१२॥
I.12 abhyāsavairāgyābhyāṁ-tannirodhaḥ
Con la pratica e la rinuncia (avviene) quell’arresto.

Una reiterata applicazione della pratica e di un progressivo distacco dai consueti modi di operare della mente, fondati su vecchie e logoranti abitudini, consentono un’attenzione nuova sui propri comportamenti, tale da implementare, attraverso una successione di diversi stadi di purificazione mentale e conseguenti esperienze di contentezza, la felicità.
Ora, più si pratica con diligenza e soprattutto con entusiasmo, tanto più velocemente cresce il distacco e la capacità di abbandonare quei vecchi, falsi modi di agire acquisiti culturalmente e che autoalimentandosi imprigionano l’essere umano nell’infelicità. Si può affermare che più cresce il distacco, maggiore è la contentezza, e viceversa, che più si è contenti meno pesa la rinuncia. Quello della pratica e del distacco diventa un circolo virtuoso che culmina in una nuova visione della realtà, che vede al proprio centro la scoperta che la contentezza è possibile, ma solo nel ‘qui e ora’! Ciò significa che per riprenderci la contentezza della nostra vita dobbiamo avere il coraggio di affrontare il passato e il futuro che la tengono segregata all’interno, nel profondo della nostra mente. Coraggio significa che una contentezza autentica può venire fuori solo da una trasformazione radicale. Il compito principale dello yogin consiste nell’applicazione di una disciplina senza compromessi, che trasformi il passato e il futuro nel tempo presente, un tempo che si svuota di rimorsi e speranze per riempirsi di contentezza.

वितर्कविचारानन्दास्मितारूपानुगमात् संप्रज्ञातः॥१७॥
I.17 vitarka-vicāra-ānanda-asmitārūpa-anugamāt-saṁprajñātaḥ
L’esperienza contemplativa passa dall’argomentazione alla riflessione, fino allo stato di beatitudine e (di conoscenza) della ‘forma dell’essere’.

Lo yogin che persegue la sua pratica con serietà, nel tempo vede esaltate le capacità del proprio intelletto. Così egli si predispone a una nuova visione della realtà, colta nel profondo della propria essenza.

ईश्वरप्रणिधानाद्वा॥२३॥

I.23 īśvara-praṇidhānādvā

Oppure, tramite l’abbandono al Supremo.

S’intuisce come la ricerca della beatitudine sia possibile solo a partire da certe condizioni mentali. Il metodo proposto da Patañjali per ottenere la pace mentale inizia con il sūtra I.12, in un processo che culminerà nell’auto-realizzazione, ovvero nella scoperta dello Spirito divino dentro di noi. Questa esperienza conoscitiva, di tipo enstatico, si manifesta sotto forma di grazia ricevuta che rende lo yogin beato e pregno di una devozione spontanea verso Qualcosa che egli ha avvertito come determinante per l’ottenimento della propria esperienza mistica. Per questo motivo, alcuni commentatori sostengono che il processo di abhyāsavairāgyā, enunciato nel sūtra su detto, culmini nella devozione dell’Īśvarapranidhāna, ovvero in un abbandono al Supremo. Tale abbandono, viene suggerito da Patañjali anche come  un percorso alternativo a quello esposto nel sūtra I.12 e consono a colui che è già dotato di una fede autentica.

मैत्रीकरुणामुदितोपेक्षणां सुखदुःखपुण्यापुण्यविषयाणां भावनातश्चित्तप्रसादनम्॥३३॥

I.33 maitrīkaruṇā-muditopekṣāṇāṁ-sukhaduḥkha-puṇyāpuṇyaviṣayāṇām-bhāvanātaḥ-cittaprasādanam

La pace mentale, coltivando benevolenza e compassione, contentezza e distacco, relativamente a felicità e sofferenza, virtù e vizio.

Purificare è anche eliminare quegli ostacoli che bloccano la ricerca spirituale. La pace mentale di cui si parla in questo sūtra corrisponde a uno stato di grazia che favorisce un’esperienza di grande contentezza, ovvero la contemplazione. Possiamo ottenere tale stato provando benevolenza per la virtù, distacco nei riguardi del vizio, contentezza per chi è felice e compassione per chi soffre.

Così, seguire esempi nobili di azioni compiute da uomini virtuosi ci può aiutare a superare gli ostacoli sul cammino della ricerca di una contentezza spirituale. Dobbiamo confidare su virtù quali la lealtà, la sincerità, l’amicizia, la generosità, come pure sulle 4 virtù Cardinali e sulle 3 Teologali, per alimentare la nostra mente ogni giorno ricordando le azioni virtuose di quei maestri, quei santi che le hanno incarnate.